LA MEMORIA DI ANTICHE MIGRAZIONI
Le migrazioni antiche e quelle attuali ci fanno riflettere sulle similitudini e differenze di questo fenomeno umano

La Stele figurata di Novilara è un'antica lastra in pietra arenaria di arte picena, risalente al VII-VI secolo a.C.. È un manufatto unico perché presenta su un lato scene figurative che raffigurano una nave (probabilmente Argo, la galea degli Argonauti) e sull'altro un'iscrizione nella lingua "picena settentrionale". La stele, ritrovata nella necropoli di Novilara (PU), era probabilmente parte di un monumento funebre che narrava le gesta del defunto.
Le migrazioni antiche e quelle attuali ci fanno riflettere sulle similitudini e differenze di questo fenomeno umano, che unisce le necessità economiche alla fuga da guerre e persecuzioni, il ruolo delle migrazioni nel plasmare le società e le sfide legate all'integrazione, anche se oggi alcune dinamiche, come l'entità dei flussi, sono notevolmente cambiate. L'osservazione del passato fornisce importanti spunti per comprendere la natura delle migrazioni, le loro cause profonde e le conseguenze, ma non può essere paragonata direttamente ai flussi attuali, date le enormi differenze demografiche e geopolitiche.
Il tema delle migrazioni passate e presenti e l'importanza della storia antica per la comprensione del mondo contemporaneo, con particolare attenzione all'origine e alla storia dei Piceni, un antico popolo italico. Traendo spunto da un libro del 1984 del Prof. Gerhard Radke intitolato "PICENO E PICENTI", l'autore discute di come le migrazioni antiche abbiano plasmato le popolazioni moderne e le confronta con i movimenti attuali, evidenziando le sfide socio-politiche in corso. Il testo sottolinea che la comprensione del passato è fondamentale per comprendere il presente e critica la tendenza a sottovalutare l'importanza storica della costa adriatica italiana.
Il testo esplora come le migrazioni antiche e la geografia del mare Adriatico abbiano plasmato le popolazioni e la storia dell’Italia centrale e adriatica, mettendo in rilievo l’importanza di conoscere il passato per capire il presente. Partendo dal confronto tra Adriatico e Tirreno — il primo stretto, ventoso e facilmente attraversabile, il secondo più ampio — l’autore mostra come la conformazione delle coste e delle pianure adriatiche abbia favorito movimenti continui di uomini e culture fra la Dalmazia e l’Italia. La presenza di isole e ripari lungo la costa orientale favorì la navigazione e spinse popolazioni meno fertili dell’Illiria a insediarsi sulle coste italiane, rendendo l’area etnicamente più mista rispetto al Tirreno. Vengono ricostruite le rotte e le dinamiche migratorie dal secondo millennio a.C. in poi: influssi micenei, spostamenti illirici, la diffusione di navigatori come i Liburni e i contatti greci (Rodii, Corcira, colonie corinzie). Mito e storia si intrecciano nelle narrazioni degli Argonauti, di Antenore e Diomede, e nelle tradizioni sui Pelasgi, che riflettono antiche frequentazioni dell’Adriatico e memorie di fondazioni e culti lungo la costa. Sul piano interno si analizzano le ondate successive — Siculi, Umbri, probabili gruppi illirici via mare, quindi Celti (i Senoni) — e come questi spostamenti abbiano modificato gradualmente l’etnicità regionale, senza cancellare del tutto le presenze precedenti. Particolare attenzione è riservata ai Piceni: origine etimologica e leggenda del “picchio”, inserimento nel quadro più ampio delle migrazioni interne, insediamento in Picenum e rapporti conflittuali e ambivalenti con Roma (alleanze, ribellioni, deportazioni). Luoghi come Ascoli e Firmum emergono come nodi di resistenza, integrazione e controllo, la cui posizione geografica ha influenzato per secoli il destino politico ed economico della regione. In sintesi, il testo sottolinea come la forma del mare e della costa, insieme a continui contatti marittimi e terrestri, abbiano costruito l’identità e la storia del Piceno e delle zone adriatiche, invitando a non sottovalutare l’importanza storica di questa fascia costiera per comprendere il mondo contemporaneo.
Rotte marittime e migrazioni indoeuropee
Fin dal II millennio a.C., gruppi provenienti dalla Pannonia e dalla penisola balcanica raggiunsero l’Italia percorrendo l’Adriatico. Tra i primi navigatori si distinsero i Liburni, abili marinai illirici, il cui nome sopravvisse nelle “liburne” romane.
La conoscenza greca dell’Adriatico fu a lungo mitica: racconti come quelli degli Argonauti, di Antenore e Diomede, o dei Pelasgi, pur leggendarî, riflettono antiche rotte reali di navigazione verso il delta del Po e le Marche.
Antiche popolazioni dell’Adriatico
Vari popoli lasciarono tracce nella regione:
Siculi, attestati tra Rimini e Pescara (fondatori di Numana), poi dispersi verso centro e sud Italia e infine in Sicilia.
Umbri, che scacciarono i Siculi e occuparono gran parte dell’Italia centrale. Iscrizioni del V sec. a.C. testimoniano influssi linguistici balcanici.
Un popolo illirico sconosciuto, forse quello delle stele di Novilara, attaccò gli Umbri nel VI sec. a.C. e provocò nuove migrazioni, finendo forse per generare i Volsci.
Celti Senoni, nel V-IV sec. a.C., occuparono la costa fino al Monte Conero, ma non cancellarono completamente le popolazioni precedenti.
Origine dei Piceni
Nel IV sec. a.C. nuovi movimenti interni portarono gruppi sabini verso l’Adriatico. La tradizione parla di una migrazione guidata da un “picchio sacro”, ma lo studio linguistico suggerisce una radice comune con nomi come Peucezieis e Picenti, probabilmente deformati da usi dialettali. Secondo alcune fonti, i Picenti avrebbero tentato anche incursioni verso il Tirreno, respinte dai Romani.
Il Picenum deriva dal nome di questo popolo, che rimase indipendente per circa un secolo. Si alleò con Roma nel 299 a.C., ma dopo aver percepito il pericolo dell’espansione romana si ribellò e fu sconfitto nel 268 a.C.: parte della popolazione venne deportata verso Salerno (i futuri Picentini tirrenici).
I Piceni e Roma
La tensione con Roma proseguì per lungo tempo: Ascoli fu un centro della rivolta nella guerra sociale (91 a.C.), mentre Fermo — colonia romana dal 264 a.C. — rimase fedele a Roma e ottenette la cittadinanza nell’89 a.C. La sua posizione fortificata ne garantì per secoli la difesa e una relativa chiusura commerciale.
bibliografia
Quaderni di Studi della Civilta Italica
PICENO E PICENTI
Gerhard Radke 1984