L'Olfatto
La ricerca, la sperimentazione, i toni realistici, il naturalismo e l’uso compatto di dense materie cromatiche
Jusepe de Ribera, conosciuto anche come José de Ribera o meglio col soprannome Spagnoletto, per la sua bassa statura (Xàtiva, 17 febbraio 1591 – Napoli, 2 settembre 1652), è stato un pittore spagnolo, molto attivo a Napoli e più in generale alla corte di Spagna.
Protagonista della pittura napoletana ed europea del XVII secolo, seguace del filone del caravaggismo napoletano, da cui si generò una ulteriore corrente pittorica, il tenebrismo, che esasperava la rappresentazione della realtà, violenta e brutale, accentuata da particolari epidermici, anatomici e psichici nei personaggi raffigurati. Insieme ad altri pittori dell’epoca, su tutti Luca Giordano, Massimo Stanzione, Mattia Preti, Bernardo Cavallino e Battistello Caracciolo, fu uno dei più rilevanti esponenti della pittura partenopea seicentesca.
Nato vicino a Valencia, nel 1591 nel piccolo borgo di Xàtiva, da Simón de Ribera (calzolaio) e Margarita Cucó e fratello di Juan (pittore anch’egli), è probabile che abbia iniziato il suo apprendistato con Francisco Ribalta che nella città valenziana aveva una frequentata bottega. Il Ribera con il tempo, maturò la necessità di andare in Italia poichè riteneva, ed era noto che fosse la patria della grande pittura e avere così modo di studiare più da vicino le opere del Caravaggio. Intraprese il primo viaggio nel 1611 visitando la parte settentrionale dell'Italia, da Cremona a Milano, poi Parma sino a giungere a Roma dove l'artista entra in contatto con la pittura di Guido Reni e di Lodovico Carracci. Successivamente si spostò anche nel sud Italia arrivando sino a Gallipoli e dimorando nell’antico palazzo Assanti-Aragona (oggi conosciuto come Palazzo Gallo).
Le prime opere che realizza nella città partenopea vedono la riproduzione, in due periodi distinti, dei Dodici Apostoli e del Cristoflagellato, opere conservate nella quadreria dei Girolamini. Il convento dei Girolamini, o anche Casa dei Padri dell'Oratorio, si sviluppa adiacente alla chiesa, la cui facciata principale col relativo ingresso insiste di fronte al duomo di Napoli, al civico 144 di via Duomo.
Il convento fu edificato a partire dal 1587, nello stesso periodo in cui furono avviati i lavori alla prima chiesa voluta dai padri Oratoriani, sul preesistente palazzo Seripando. Negli anni novanta dello stesso secolo, con la nascita della nuova chiesa dei Girolamini, e fino alla prima metà del Seicento circa, il complesso fu ampliato con l'aggiunta del secondo e più grande chiostro (degli Aranci) e di altre sale e corpi di fabbrica fino a raggiungere le dimensioni attuali. Il convento ospita al primo piano la sopra indicata Quadreria dei Girolamini, nella quale sono esposte importanti opere di scuola napoletana, come quelle di Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, Francesco Solimena, di un giovane Jusepe de Ribera e Luca Giordano, ma anche di altre scuole dell'Italia centrale, su tutte quella romana, bolognese e toscana, con opere di artisti quali Guido Reni, Federico Zuccari, il Sermoneta, Francesco Vanni, Francesco Curradi e Francesco Gessi. La quadreria è frutto di donazioni di privati, già dalla fondazione del complesso, e da opere provenienti direttamente dalle raccolte dei padri oratoriani. Aperta al pubblico negli anni venti del XVII secolo, si tratta della prima quadreria pubblica della città.
Le opere di Ribera che iniziano ad avere una consistenza importante nella tragicità ed intensità caravaggesca, si identificano con l'Allegoria dei Cinque Sensi, che rappresentano il passaggio del pittore da Roma a Napoli, infatti arrivando nell'estate del 1616 nella città partenopea, viene accolto dall'anziano pittore e guappo dei quartieri spagnoli Giovanni Bernardino Azzolino. Tuttavia oggi rimangono solo tre tele del primo nucleo risalente al 1616 (San Pietro, San Paolo e San Giacomo Maggiore), mentre altre due risalgono al secondo gruppo eseguito qualche anno dopo (Sant’Andrea e Flagellazione di Cristo). Sempre di questo periodo fanno parte le tele realizzate per il viceré Duca di Osuna: San Girolamo e l’angelo, San Paolo penitente, San Sebastiano, Crocifissione ed il Martirio di San Bartolomeo (tutte del 1620).
In pochi anni lo Spagnoletto acquista una fama europea facendo uso della tragicità del Caravaggio, suo punto di forza. Inizia anche un’intensa produzione che lo tiene lontano dalla sua Spagna, dove comunque continuava a spedire opere. Il tema pittorico si fa più crudo e realistico e nascono così opere come il Sileno ebbro, 1626, oggi al museo di Capodimonte ed Il Martiriodi Sant’Andrea, 1628, al Szépművészeti Múzeum di Budapest, solo per citarne alcune. Si accende in quel periodo la rivalità tra lui e l’altro grande protagonista del seicento napoletano, Massimo Stanzione. Il suo stile sarà un punto di riferimento per i pittori partenopei, che nel tempo avrà un evoluzione influenzato dal classicismo neoveneto, segnando in maniera decisiva la pittura napoletana del seicento. Sono di questo periodo la serie dei “Cinque Sensi (1613-15), che fu smembrata e conservata in diverse sedi museali del mondo..
L’Olfatto insieme con Il Gusto del Wadsworth Atheneum di Harttford (Connecticut), Il Tatto della Norton Simon Foundation di Pasadena ( California), La Vista del Museo Franz Mayer di Città del Messico e L’Udito di cui ancora non è stata rintracciata la versione originale , fanno parte di una serie con le personificazioni dei “sensi”, già nota attraverso cinque copie seicentesche oggi in una privata raccolta austriaca e che Roberto Longhi nel 1988 identificò << con le cinque mezze figure per i cinque sensi, molto belle>> dipinte da Ribera a Roma tra il ’15 e il ’16 per un collezionista spagnolo e descritte nel 1621 da Giulio Mancini.
Queste quattro tele costituiscono il più antico documento pittorico fino a qui individuato dell’attività giovanile di Ribera a Roma dove ebbe modo di affinarsi contaminandosi nel periodo caravaggesco con i francesi, i fiamminghi e olandesi anche loro attivi negli stessi anni, sperimentando soluzioni di vigoroso naturalismo, da tagli netti delle luci e delle ombre, dall’uso di dense materie cromatiche e con una resa rigorosa e serrata dell’effetto realistico, fisico e sentimentale.
Nella tela dell’Olfatto in cui il mendicante in maniera significativa ed evidente annusa lacrimando una cipolla, sono presenti elementi notevoli di natura morta, sulla tavola in primo piano, la testa di cipolla e quella d’aglio, con un contrasto brillante allusivo alla infinita varietà degli odori, è stato accostato un rametto in fiore di limone, arancio o bergamotto.
Artisti come Van Dyck e Guido Reni negli anni trenta furono determinanti per il perfezionamento del suo stile, eseguendo in quegli anni dei capolavori assoluti che oggi sono ospitati in diversi musei del mondo. Dall’Adorazione dei Pastori del Louvre al Matrimonio mistico di Santa Caterina conservato al Metropolitan Museum di New York, alle opere del museo nazionale di Capodimonte, a quelle di San Pietroburgo o a quelle del Prado. Il decennio che va dagli anni trenta fino ai quaranta fu il più prolifico per il Ribera, infatti le sue creazioni di questo periodo sono essenzialmente a sfondo religioso: la Sacra Famiglia con i santi Bruno, Bernardino da Siena, Bonaventura ed Elia (1632-1635) al palazzo Reale di Napoli, la Pietà al museo di San Martino, il Martirio di San Bartolomeo (1639) e il Martirio di San Filippo (1639) entrambe al Prado di Madrid. Non tralasciò anche opere profane, come le figure dei filosofi o la Maddalena Ventura con il marito e il figlio (1631).
La malattia segna tragicamente l'ultima parte della sua vita e riduce la sua produttività, difatti gli anni '40 sono caratterizzati da un ritorno alla sua prima fase compositiva, tenebrosa e cupa, abbandonando la luminosità che aveva preso dalle opere di Guido Reni. Tra le opere composte in quest'ultima fase, ci furono: la Testa del Battista (1646) e Santa Maria Egiziaca (1651), entrambe al museo civico Gaetano Filangieri, il San Girolamo scrivente (1651) alla Museo nazionale di Capodimonte, il San Girolamo penitente al museo del Prado.
Jusepe de Ribera morì nel 1652 e venne sepolto, come confermato dai documenti, nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, nell’omonimo quartiere di Napoli. A causa dei rimaneggiamenti apportati alla chiesa, tuttavia, dei suoi resti oggi non è rimasta traccia.
Nicola Spinoza (a cura di), Il giovane Ribera tra Roma, Parma e Napoli. 1608-1624, Catalogo della mostra (Napoli, settembre 2011-gennaio 2012), Napoli, Arte’m edizioni, 2011.