IL TRIONFO DELLA MORTE - TRIANGOLO DELLA DEVASTAZIONE


from Alessandro Costa
31 Jan 2025
 
Volevo fare presente un articolo di Stefano Fossa del 26 gennaio 2025 sull'inserto Alias de il Manifesto dove viene esplorata la triangolazione fra il Trionfo della Morte, Picasso e Guttuso nella mostra proprio a Palazzo Abatellis, dove si possono ammirare insieme  l'enigmatica allegoria medioevale, l'arazzo di Guernica e la Crocifissione di Guttuso: Attraversamenti, a cura di Serena Baccaglini, Marco Carapezza, Maddalena De Luca (fino al 2 marzo). E la citazione di Guttuso del 1940 che il Fossa evidenzia è la seguente: "Guardando un grande pannello di Picasso, ripenso al Trionfo della Morte di Palazzo Sciafani a Palermo, firmandosi Telemaco su "Il Selvaggio", la rivista di critica d'arte espressione Si Strapaese. Il grande pannello è naturalmente il Guernica, realizzato tre anni prima, che Guttuso associava al mistrioso capolavoro oggi a Palazzo Abattellis a Palermo: ottusa rivendicazione di un primato oppure geniale intuizione critica? 
 
© Renato Guttuso by SIAE 2024 | Renato Guttuso, Crocifissione, 1940-1941, olio su tela, cm. 198,5x198,5. GNAM Roma
 
La mostra non riunisce solo questi tre capolavori, indiscussi dell'arte occidentale, ma perchè contiene un'ipotesi critica: non tanto una nuova fonte per l'ispirazione di Picasso, ma una ricostruzione dell'immaginario archetipico, (Aby Warbugh), della morte e della devastazione.
Il collegamento è il cavallo, drammaticamente scheletrico nel Trionfo, brutalmente straziato in Guernica e disperatamente inquieto nella Crocifissione: segno di morte, inesorabilemnte, ma dotato di una funzione sacrale e investito di una missione comunicativa. A lui tocca portare il messaggio  - di fragilità, di violenza ed errore - ma anche farsi carico della reazione emotiva dello spettatore, stupito, respinto, atterrito o inorridito. Intorno a un segno, insomma, si costruisce quello spazio del contatto che è il luogo di manifestazione del divino nella Storia, dove il temporale si fa eterno e il mistero si dischiude: è qui quel punctum, in cui Lacan, sulla scorta di Roland Barthes, individuava la capacità di penetrazione dell'arte visiva, perchè "non sono io che vado in cerca di lui, diceva Lacan, ma è lui che, partendo dalla scena, come una freccia, mi trafigge". Tutt'e tre le opere si caratterizzano per questa capacità di aggredire il soggetto, pungerlo e trafiggerlo, ma senza appropriarsene: suscitandone, anzi, il piacere estetico, perchè lì lo sguardo si deposita, si abbandona, lascia la riflessione per farsi travolgere dal turbinio delle forme. Che Picasso conoscesse il Trionfo della Morte resta improvato e improvabile: ne circolavano al tempo riproduzioni e cartoline, ma nulla certifica che siano arrivate fra le mani di Picasso. Più in là, conosciuto Guttuso, Picasso, sembra, gli confermò la sua ipotesi; ma la fonte è sempre e solo Guttuso, che certo del tutto affidabile proprio non era. L'artista di Bagheria stava come al solito costruendo i propri precursori, per creare una genealogia, in cui si riconosceva e di cui si appropriava.
 
 
Jacqueline de La Baume-Dürrbach, 'Pablo Picasso_Guernica', 1976, tapestry, Colmar, Musée Unterlinden © Musée, Unterlinden, Colmar, Christian Kem
 
Ma la mostra non si riduce certo a un discorso sull'intertestualità, su provenienze e filiazioni, perchè il suo valore sta tutto, da un lato, nell'energia estetica, grazie al confronto tra tre capolavori di enormi dimensioni e intensa visionarietà (uno in situ; il secondo nella copia in forma di arazzo realizzata da Jacqueline de La Baume-Durrbach, dal Museo Unterlinden di Colmar; e il terzo della Gnam di Roma, cui si aggiungono il disegno preparatorio e altri materiali di Picasso, dal Reina Sofia di Madrid); dall'altro lato, nell'ipotesi mistica che la mostra sottende, in quanto riflessione sul secolo che più di ogni altro ha conosciuto i traumi della Storia e la follia dell'uomo, il Ventesimo secolo.
E' una mediazione sul destino di morte e su come l'uomo possa provocarlo, questa mostra: nella consapevolezza che l'allegoria medioevale fornisce una chiave simbolica per entrare negli orrori del XX secolo, quando Guttuso scelse di far convergere il Trionfo della Morte e Guernica dentro lo scandalo di un Cristo Crocifisso in "mezzo alla gente" anzichè in posizione isolata e prominente. E' l'indifferenza umana a velocizzare la morte, a cavallo nell'allegoria quattrocentesca, onnipresente nel dipinto di Picasso e ignorata nella tela di Guttuso: indifferenza da cui nascono le guerre. Altro che "picassata alla siciliana", come dicevano denigratoriamente i detrattori del pittore di Bagheria.
Una mostra militante, infine, contro tutte le guerre, perchè esibisce lo strazio scavandone l'origine remota. C'è il male, l'irraffigurabile, al centro dei tre capolavori, a farla da protagonosta: su tutto trionfa l'Angelo della Storia, che procede a ritroso, con la schiena rivolta al futuro e lo spettacolo delle macerie davanti a sè. Svincolato dalla catena e marcato dalla ripetizione, il reale incalza, c'incombe addosso e ci costringe alla responsabilità.