Difese Violate

Un mondo che premia e ricerca la fama, la visibilità mediatica in cui trionfa l'apparire con la progressiva erosione del nostro privato


from Alessandro Costa
21 Dec 2022
Descrizione dell'immagine

Il Castello Aragonese di Ortona, come prima costruzione risale al 1452, la famiglia lo costruì sopra l’antica struttura dei Caldora del XIV secolo. La struttura è risalente al periodo angioino del XIII secolo e nel XV secolo vi sono stati alcuni adattamenti e ricostruzioni parziali di un impianto preesistente.

La funzione del Castello ebbe unicamente una funzione difensiva fino al XVII secolo, quando poi fu acquistato dalla famiglia Baglioni come residenza signorile, dove poi all’interno delle mura fu edificato un palazzo gentilizio, che nel XIX secolo cadde in abbandono e successivamente fu usato unicamente come officina e polveriera.

Nel periodo della seconda guerra mondiale nella battaglia di Ortona, il Castello fu colpito in maniera grave sia dai tedeschi E successivamente dagli americani. La polvere da sparo che veniva custodita all'interno, determinò delle esplosioni che distrussero sia  la parte superiore delle mura che il palazzo gentilizio. 

Nel 1946 uno smottamento di terreno distrusse quasi la metà del Castello, quella affacciata sul mare dalla falesia di tufo. Il Castello successivamente ebbe decenni di abbandono, dopodichè nel 2001 furono eseguiti dei lavori di restauro e consolidamento. La struttura era organizzata da una base trapezoidale, con quattro torri angolari di forma cilindrica, anche se ora sono esistenti soltanto tre torri e da cortine (L'accezione più comune del termine è quella di sistema tecnologico di facciata costituito da un paramento in materiale laterizio avente funzione protettiva e decorativa rispetto alla faccia esterna della muratura principale retrostante) su una scarpata; mentre il lato ovest era occupato da una costruzione residenziale

Alcune foto del primo ‘900, mostrano il palazzo baronale all’interno delle mura, di stampo settecentesco ed è stata rielaborata la stanza di controllo della fortificazione. Il palazzo attualmente risulta composto da un pezzo di muro perimetrale con decorazioni della cornice, le mura hanno una pianta a forma di scarpa, con due grandi torri circolari poste sul lato di corso Matteotti, da dove oggi si accede. Le torri sono tipiche del periodo, perché hanno la base a scarpa più larga, il corpo centrale a forma di cilindro con finestre ad arco gotico, mentre quelle della torre ovest sono rettangolari.

Sulla parete ovest sussiste una terza torre più piccola, sempre cilindrica con finestra ad arco a sesto acuto. La pavimentazione della base del lato ingresso, con arcate sulla muratura del castello, lascia intendere che probabilmente fosse presente in passato un fossato d’acqua. Per quanto riguarda l’interno è accessibile da un piccolo giardino che costeggia le mura e da una scala sopra i resti di una torre laterale. L’interno del Castello  spoglio (a causa dei danni riportati durante la guerra) successivamente fu convertito a giardino, con conservazione delle mura verso il lato di ingresso dal corso Matteotti, infatti vi sono delle scale che conducono ai sotterranei

Mentre una seconda scala porta al Museo della Torre ovest: si conservano pannelli delle foto storiche del Castello e arredi delle famiglie nobili che possedettero la struttura. La torre est è accessibile da un'altra rampa di scale e all'interno è vuota, usata come belvedere panoramico.

Il territorio che stiamo esaminando è segnato da una diffusa e profonda presenza di Castelli e fortificazioni nel paesaggio, dalla fascia costiera a quella collinare fino a quella pedemontana delle aree interne. La regione Abruzzo è costellata di esemplari architettonici di grande varietà, sia nella tipologia che nella cronologia.

Analizzando la zona litoranea, non sono presenti numerose fortificazioni rispetto all’interno, dovuta alla minore difendibilità di queste aree, più aperte ed esposte al pericolo e all’attacco dal mare ed anche da un incisivo sviluppo urbano di queste zone in epoca recente, che ha alterato in modo decisivo le presenze antiche. Un paesaggio segnato da poche tracce rimanenti di costruzioni soprattutto dal cinquecento in poi, da torri costiere anti corsare, tutte molto similari tra loro. (Torri di Martinsicuro, della Vibrata, del Salinello, di Cerrano, di Punta Penna).

Le strutture più imponenti che risultano più consone alla difesa dagli assedi con elementi morfologici come i bastioni, nella fascia costiera, sono il forte di Vasto e il Castello Aragonese di Ortona. Del resto le tipologie architettoniche sono variegate, anche in relazione alle diverse e complesse vicende storiche ed insediative.

Difatti le esigenze di difesa dalle possibili escursioni in queste zone ungare e saracene nel periodo dal IX al XI secolo, danno l’avvio a quel processo di realizzazioni di costruzioni difensive. Storicamente fin dall’antichità la difesa era importante, il muro fa parte delle più importanti invenzioni dell’umanità, garantisce le distanze e protegge dalle violazioni.

Se riportiamo ai nostri giorni quanto descritto, una cosa è certa, che dietro il bastione, l’individuo può essere libero di disarmarsi contro le pretese della sfera pubblica.  Il muro come abbiamo analizzato in precedenza nella storia antica come ora salvaguarda la libertà personale.

All’uomo contemporaneo, in questo ambito, appare evidente che da questa parte del bastione trova un rifugio, sicurezza per la famiglia, per gli amici e per il tempo libero, mentre dalla parte opposta regna la costrizione che impone la società, gli obblighi professionali, le pretese della collettività e dello stato. Tutto quello che è pubblico può essere udito e visto da chiunque, mentre il limite del privato è soprattutto un limite dei sensi.

Si esige una linea di demarcazione per la presenza di altri, che a loro volta vedono e odono quello che noi stessi vediamo e udiamo; privata è la casa in cui si vive, la parte più intima, la compagnia degli amici, privati sono anche i divertimenti, i vizi, gli eccessi, ma anche le convinzioni, il gusto e il credo. 

Nascosto e avvolto dall’involucro del corpo, nulla può essere più privato del mondo interiore di una persona, dove i pensieri e i sentimenti, il piacere dei sensi, i ricordi, i sogni e i desideri sono una parte intima e recondita del privato. La privacy nell’ambito della persona non è affatto ovvia, è al contempo un dato di fatto storico e antropologico.

Le linee che demarcano, variavano a seconda delle epoche e dei luoghi, è direttamente proporzionale al livello del controllo sociale, di conseguenza è un limite precario e il potere politico risulta più debole quindi il privato lo ritroviamo nei vari settori della società.

Viceversa quando l’ambito pubblico predomina, il privato riesce ad avere uno spazio ideale e perfetto.

Il personale dall’estraneo, il privato dall’universale, nonostante l’evoluzione storica nella storia dell’Occidente già nell’antica Roma, il pubblico ed il privato erano netti e distinti, non a caso la terminologia moderna deriva proprio da espressioni latine privatus e publicus.

Persistevano delle regole ben definite, addirittura i notabili e i senatori romani erano sottoposti al controllo dell’opinione pubblica, la classe dominante sorvegliava la vita dei propri membri, nell’interesse dell’onore e dei privilegi.

Nel Rinascimento si emanarono le prime leggi in difesa della comunità cittadina contro l’usurpazione da parte degli interessi privati.

Esistevano delle regole e delle norme molto ferree sia sul patrimonio che sulla modalità del nucleo familiare, persino anche sul tipo di abbigliamento che si doveva tenere in pubblico, indicazioni precise sulle modalità da adempiere, da parte soprattutto dei consiglieri comunali, di cui era la massima preoccupazione.

In questo periodo un alleato potente era l’autorità della Chiesa, con tutte le relative concezioni che portavano la famiglia ad essere vigilata nei suoi comportamenti più privati e non, perché essa, era considerata baluardo del costume e fonte della società cristiana.

Con la Rivoluzione francese ci fu un radicale cambiamento visto che il diritto alla vita privata, l’interesse personale, in nome della nazione, venne calpestato, cosa che fino ad ora nel mondo occidentale non si era mai verificato.

Questo portò la società di quel momento in Francia ad una radicale trasformazione, dove la famiglia fu sottratta anche al controllo della Chiesa, e trasformata in una istituzione secolare, al contrario i diritti dei genitori si ridussero sensibilmente, perché i figli appartenevano prima di tutto alla repubblica. 

Insomma la storia del privato non ha mai avutodecorso lineare, ha conosciuto andamenti altalenanti, a periodi di relativa libertà sono seguiti periodi di intrusione, di controllo e di repressione

Possiamo sostenere che la società dietro il nostro muro che ci difende, è una società uniforme, anche se singoli individui sotto sotto covavano pensieri e desideri segreti, alla fine prevaleva l’ordinamento istituito, imponendo il comportamento, plasmando e manipolando desideri e sogni.

Questo ci dà modo di fare una riflessione sulla nostra società contemporanea, in cui il digitale è diventato necessario e cruciale per il funzionamento della società.

La rivoluzione è in realtà ancora in itinere, in quanto, mentre la tecnologia avanza in un modo sempre sofisticato e pervasivo, la società deve ancora comprendere i suoi effetti inaspettati, siano essi positivi o negativi.

Oggi in un era iper connessa, in contatto con tutti, dove non sussiste più ciò che è privato e non, in qualunque momento tramite internet e piattaforme social, dovremmo riscoprire il piacere del sereno convivio, ma in realtà non stacchiamo quasi mai le mani e purtroppo neanche la mente dal mostro smartphone.

Ci sono dei meccanismi psicologici che spingono le persone a postare la propria vita sui social continuando freneticamente ad aggiornare la bacheca con le proprie immagini in pose che si rassomigliano tutte.

Secondo da quanto viene riportato da diversi studi di psicologia tra coloro che utilizzano i social si evidenzia l’atteggiamento di molte persone egocentriche e narcisiste.

Condividere particolari della propria vita privata, anche se banali e ripetitivi, per cercare continue attenzioni, sulla propria bellezza e simpatia, ma soprattutto nell'avere delle conferme su di sé, sentirsi desiderati e desiderabili, non avendo però una certa dose critica.

Quindi l’apparire diventa l’elemento fondamentale, la chiave di tutto il proprio essere, con smania ossessiva della propria immagine, quasi come una dipendenza clinica in cui l’approvazione, ovvero il “like”, dove i commenti ricevuti danno una gratificazione, che non ha pari a nessuna forma reale.

La realtà dell’essere veramente desiderata non esiste è puramente illusoria, eppure la gente si comporta come se tra il reale e il fittizio non ci fosse assolutamente differenza.

Con la condivisione sui social, si assiste ad una manifestazione eccessiva di comportamenti tipici egocentrici, spesso inopportuni, che sfociano nell’oversharing, cioè la condivisione su internet di ogni minimo dettaglio della propria vita privata, con una platea generalmente sconosciuta in maggioranza rispetto a quella conosciuta.

Écho et Narcisse, John William Waterhouse, 1903, Walker Art Gallery, Liverpool. Wikicommons

L’importante di tutto questo è che vi sia una popolazione virtuale e immaginaria ed accondiscendente alla condivisione del momento, dimenticando che chi condivide non lo fa con le stesse modalità giocose o di divertimento, bensì con fini che possono rivelarsi deleteri, dannosi se non addirittura pericolosi.

Attraverso degli studi scientifici si illustra che il 30/40% delle comunicazioni tra individui vertono su argomenti personali e la percentuale arriva anche all’80% se si tratta di social network.

Con i social si è determinato che un soggetto esaminato, sottoposto nella ricerca di alcuni scienziati, ad una indagine di risonanza magnetica, nell’azione di raccontare se stessi o formulare congetture e ipotesi sulle opinioni di un’altra persona ha fatto emergere che tutto questo è correlato fortemente all’attivazione di aree cerebrali deputate alla percezione di un senso di gratificazione e di piacere di conseguenza si può affermare che il piacere di parlare di sé e degli altri è simile a quello primario, paragonabile a quello del cibo e del sesso.

Questo può portare ad un eccessivo egocentrismo, mania di grandezza, fino a sentirsi onnipotenti, i famosi animali da testiera, ovviamente nell’illusorio virtuale, con sintomi che possono esseri decisamente incontenibili e rischiosi per se stessi e per gli altri.

Il parlare di sé su un blog o su un social network potrebbe far sentir meglio, ma è sempre importante il limite che non si dovrebbe oltrepassare della sfera intima, altrimenti si rischia di scivolare in uno svuotamento di se stessi e una perdita del senso della realtà.

 

Bibliografia

- IN DIFESA DEL PRIVATO WOLFGANG SOFSKY

- L’ossessione di apparire sui social di  Marilena Cremaschini