Stanley Greene porta alla luce le ingiustizie e le crudeltà per renderle visibili a tutti

Raccontare l'importanza della Storia


from Alessandro Costa
17 Jun 2022
STANLEY GREENE CHECHNYA Grozny, Tchétchénie, 1995 40 x 50 cm, tirage gélatino-argentique sur papier baryté, édition de 15 60 x 80 cm, tirage gélatino-argentique sur papier baryté, édition de 10 80 x 120 cm, tirage gélatino-argentique sur papier baryté, éd

"Volete starvene seduti comodamente con il vostro giornale e il vostro muffin ai mirtilli", aveva detto qualche anno fa in un’intervista, "e non volete vedere delle fotografie che vi sconvolgeranno la mattina. Questo è il lavoro del fotogiornalista, sconvolgervi la mattina". Stanley Greene.

Voglio partire dal giorno in cui il fotoreporter americano ci ha lasciato, il 19 maggio 2017 a Parigi all'età di 68 anni , dopo una lunga malattia e dalle miriadi di tributi che si sono rincorse sul web, grandi nomi della fotografia, colleghi e amici, molti che lo consideravano un maestro. Le parole più ridondanti sono onestà, eleganza, integrità, passione, consapevolezza e il grande coraggio nell'affrontare tutte le battaglie che nelle sue fotografie lo testimoniano.

Un mostro sacro del fotogiornalismo, classe 1949, nato a  Brooklyn, una vita spesa nelle pieghe più profonde del mondo come fotoreporter per quarant'anni, dopo una parentesi dedicata alla moda.

Pluripremiato per la fotografia umanistica, il suo lavoro è stato pubblicato da tutti i più importanti magazine internazionali, egli stesso fondatore dell'agenzia Noor, di cui fu membro.

Un'attività frenetica la sua che lo ha portato instancabilmente in molti paesi devastati dalla guerra fra cui Croazia, Kashmir, Azerbaigian, Georgia, Iraq, Libano, Ruanda e Somalia. La sua purezza e integrità non comuni hanno sempre caratterizzato i suoi lavori, nonostante la crudezza delle immagini. Come racconta, si è fotunati se si riesce a resistere per otto anni, " se ci rimani più a lungo, ti trasformi, e non in una bellissima farfalla. Ti trasformi davvero . Lo vedo in me stesso e lo vedo in tutti i miei amici e colleghi". Greene ha immortalato 30 anni di conflitti, ma la sua umanità è rimasta integra anzi, la vita edonistica legata al denaro, viene considerata da lui come un puro mezzo atto a realizzare tutti i suoi futuri progetti fotografici nei luoghi più sperduti del mondo, dove forte era la necessità di accendere una luce sulle drammaticità che altrimenti, ancora oggi sarebbero al buio, senza una voce.

La sua esigenza era quella di raccontare l'importanza della storia, è facile mostrare qualcuno che lancia bombe, ma ciò conta è la storia completa che descrive in tutta la sua realtà.

Così come per Robert Capa se la guerra civile spagnola non fosse diventata un ossessione, non sarebbe stata documentata con le sue immagini e senza i suoi appunti non avremmo avuto modo di aver chiara tutta la storia che ora conosciamo. Attraverso gli occhi di Capa le storie raccontate da Hemingway sono diventate realtà vivente, " Oh, ecco una storia, ecco qualcosa di cui posso scrivere".

Come diceva Stanley Greene ‘’La mia è una fotografia tradizionale in un ambiente non tradizionale. Oggi essere un fotoreporter significa essere totalmente determinato e impegnato nell’umanità. E’ letteralmente necessario essere coinvolti nel fotogiornalismo ; essere un fotoreporter significa essere un testimone, un informatore, un giornalista e non il protagonista della storia". La fotografia deve esaltare le relazioni tra gli uomini, è il mezzo per poter raccontare la storia umana, dando modo alle persone di migliorare e cambiare rispetto alle atrocità della guerra che se documentate, paradossalmente possono celebrare la vita. Si dedico' anche a reportage sulla scena musicale punk della San Francisco degli anni '70, che documentò con uno stile fotografico avanguardistico per quel periodo, Greene stava lavorando per realizzare un nuovo libro: Western Front. Questa non era la sua cultura, non erano le sue radici ma c'era la musica e tutti i suoi amici. Usciva di sera con la sua macchina fotografica e immortalava "il rumore bianco", il punk!,  non immaginando a cosa ciò potesse portare. Nelle immagini di Greene si sente la musica, le sue foto riescono a riprodurla. Da bambino voleva fare il musicista, aveva la musica ed i suoni e li riprodusse con la sua macchina fotografica, facendola suonare come una chitarra.

Disegnare o dipingere sui muri è un espressione ancestrale fin dai tempi dell'uomo primitivo che rappresentava se stesso e la sua vita quotidiana, cercando di esprimersi attraverso le immagini. Ecco, la fotografia non è altro che una forma di disegno al muro, mantenendo il senso primitivo ed ottenendo l'immagine iconica.

Vorrei fare una comparazione alquanto azzardata con un'artista come Jackson Pollock che, al pari di Greene, in quanto uomo di grande fervore ideologico, rifiuta di compromettere i suoi valori e riesce a comunicare senza filtri la realtà di certi contesti, creando empatia, facendosi coinvolgere dalle problematiche e dalle situazioni del quotidiano con lucida sensibilità; la consapevolezza che gli aspetti tecnici di questi due artisti nel loro processo creativo, non sono gli obiettivi primari, anzi il 75% è affidato alla casualità e solo il restante 25% alla bravura. E' questa la magia che riuscivano a creare e che arriva integra all'occhio dell'osservatore.

Stanley Greene
Intervista a Stanley Greene, maestro indiscusso della fotografia,
fondatore di Noor e fotoreporter dall'umanità straordinaria
di  A L E S S I A  G L AV I A N O                                                                                                                                                                           10 marzo 2013

Tutte le foto Autore: Stanley Greene | Ringraziamenti: © Stanley Greene / Noor
Copyright: © Stanley Greene