BASQUIAT "SAME OLD SHIT" IL PRIMO PITTORE NERO "RADIOSO"


di Alessandro Costa
12 Jun 2024

"Se ti vuoi esprimere come artista, devi essere pazzo, estremo,fuori di testa. Altrimenti non funzionerà. Bisogna essere completamente fuori, completamente soli. Se sei integrato, a qualsiasi livello, non accadrà nulla. Gilbert & George intervista con Martin Gayford

Questa introduzione la possiamo vedere nella radiosa visione di ciò che lui era. "Ho notato che tutte le persone sulla cresta dell'onda hanno una scintilla negli occhi. Brillano", nei diari di Warhol. Eh sì,  in Basquiat brillava nei suoi occhi una scintilla, difatti Rene Ricard, poeta e influente critico d'arte, lo aveva soprannominato Radiant Child....Jean-Michel Basquiat: The Radiant Child  è un film documentario del 2010 diretto da Tamra Davis . Separa estratti dall'intervista davanti alla telecamera di Davis con l'artista Jean-Michel Basquiat e aneddoti dei suoi amici e collaboratori. Il film è stato proiettato al Sundance Film Festival nel 2010.

Era alto e aveva l'aria di un re, anche se un pò devastato, nella sua breve vita, ma capace di brillare in maniera preponderante.

Uno dei suoi mercanti d'arte newyorchese Tony Shafrazi grande amico disse che era "toccato dalla grazia divina". La grazia nel modo di camminare, di ballare, di muoversi, come nel tratto della sua matita, dei suoi pastelli, nelle sue pennelate, quasi che nel suo modo di dipingere  fosse ovvio infischiarsene di tutto. La grazia nel suo sorriso, nel suo successo, nel suo modo di essere e per la sua grazia che di fronte alla quale cercava sempre di confondere le acque ironicamente ad aggiungere, con tono grave e spedito: "Mi piace anche passare per un cattivo ragazzo. lo adoro".

Jean-Michel Basquiat Loin, 1982

"Cancello le parole in modo che le si possano notare. Il fatto che siano oscure spinge a volerle leggere ancora di più". (Jean-Michel Basquiat).

"Una sera, davanti a un ristorante di Prince Street, Basquiat vede Warhol (video) il suo idolo, a cena con Henry Geldzahler, curatore di arte americana del XX sec. al Metropolitan Museum e nominato di recente commissario per gli affari culturali della città di New York, ex studente di Harvard, definito da un giornalista il "curatore vivente più potente e più controverso". Le parole "cultural affairs, del resto, sono fra le poche che compaiono nella parte bassa del quadro che Basquiat realizzerà nel 1981 proprio per "Henry"JMB rimane paralizzato da quella visione, infatti rimane lì ad osservarlo per una quindicina di minuti senza riuscire a muoversi, poi si decide a entrare, puntando diritto verso Warhol, gli chiede se vuole comprare le cartoline che hai in mano. Warhol gliene compra una stando ad alcuni, diverse stando ad altri, Geldzahler non solo non gli compra niente ma, dopo aver bollato senza troppi riguardi il suo lavoro come troppo acerbo gli chiede, con tono per nulla simpatico, che cosa abbia in mente. E lui a quel punto gli sbatte in faccia il suo famoso: "La regalità, l'eroismo e la strada". Le cartoline non lasciano minimamente prevedere il genio destinato a rivelarsi qualche mese dopo, infatti testimonia il momento di passaggio che avviene dai fumetti e dallo stile psichedelico degli anni del college lo ha condotto agli slogan firmati SAMO e lo sta portando a ciò che più tardi emergerà del tutto con la sua arte. SAMO fa la sua comparsa per la prima volta in una striscia in cui vediamo un ragazzo in cerca della verità o di una forma di spiritualità moderna che viene ostacolata nel suo percorso dalle domande che vengono poste ad impostori che si spacciano per santoni. La pseudo-religione di SAMO sembra soddisfare e convincere il ragazzo ad elevarla a "concetto cosmico", facendosi promotore in prima persona con affermazioni come: "Ero uno speed-dipendente", oppure visto che ho trovato SAMO, ho trovato la verità, SAMO è tutto, tutto è SAMO. Questo porta a rievocare ed imitare gli slogan DADA (video), il loro umorismo caustico, la loro ironia, la agguerrita oratoria, caricaturale e provocatoria, a volte persino violenta. Al Diaz e J.M.Basquiat trarranno da DADA il suo impeto folgorante, la sua iconoclastia, la sua poesia brutale, la sua giovinezza, che risulterà contagiosa ed assordante. Anche SAMO che si pronuncia SEM-O, nasce in realtà come un gioco, una provocazione fra i banchi di scuola insieme ai compagni  Al Diaz e Shannon Dawson, tenendo presente che l'istituto è una struttura alternativa.

La nascita di SAMO avvenne una sera in cui lui e Al Diaz sono totalmente fatti di erba, al punto che rollando l'ennesima canna, uni dei due dice all'altro che è sempre la stessa merda, ovvero "THE SAME OLD SHIT", la frase poi viene accorciata in "SAME OLD, e poi in "SAM-O", versione ancor più breve. Da qui è nato il marchio SAMO, come un idea che inizia a svilupparsi come una critica ad una società dei consumi in cui si vende sempre la stessa vecchia merda di sempre come un prodotto e preziosissimo.  La vena è anche satirica con spettacoli che verranno organizzati dalla scuola in un teatro dell'Upper West Side, dove i ragazzi faranno anche distribuire al pubblico degli opuscoli che descrivono il "pre" e il "dopo samo" ("l'ho provato e cambiato la mia vita").

Non è da dimenticare che il termine SAMO indica anche un popolo dell'Africa occidentale che parla il samo, lingua madre del Burkina Faso utilizzata da trenta milioni di persone in diversi paesi di quella zona del continente. Eszter Balint, lo ricorda al pari di molti altri testimoni, intento sempre a dipingere e a disegnare: "L'immagine che conservo più viva di quei giorni è quella di lui che dipinge, ancora e ancora. Non durante le riprese di Downtown 81, ma un anno dopo, quando stava in Crosby Street. Poteva chiacchierare, drogarsi, fare l'amore, approfondire un argomento, ridere, ascoltare musica, discutere di qualcosa, ma di lì a cinqueminuti tornava alla sua tela. Un periodo della sua vita artistica molto ispirato ed estremamente prolifico, di cui ritengo molto fortunata di essere stata testimone".

Basquiat riempie i suoi dipinti di "eroi neri" rappresentando dei volti esasperatamente negroidi e facendo tornare gli amuleti, perfino il vudù. Reazioni che sono portati dalla ribellione, per rabbia, per esasperazione, per tutto quello che vive e tutto quello che vede lo indigna e lo sconvolge subendo a sua volta quotidianamente vessazioni ed anche violenze e le stesse discriminazioni. Considerato che la sua arte consiste nell'assemblare le creazioni di altri e che le sue performance nascono dalle perfomance di altri musicisti, il dj è l'incarnazione dell'artista postmoderno. La sua arte, in una parola, consiste nel mescolare le cose, nel prendere idee e forme.

Il Writer JMB nelle sue frasi che traccia sui muri, le analogie non sembrano superare le differenze, anche se fare i graffiti nel periodo della scuola, visto che si voleva realizzare un progetto concettuale a detta di Al Diaz ai tempi di SAMO.

Un nome che ci può far riflettere per la sua arte, Jenny Holzer, il suo modo di fare e di essere, con la sua mania di disseminare slogan in tutte i luoghi di N.Y., prima per le strade di SOHO, che si farà conoscere definitivamente con delle frasi come "Torture is barbaric".

La Holzer come artista mette in discussione il sistema commerciale dell'arte, in effetti rivendica per se stessa il ruolo di "artista pubblica" con l'obiettivo di comunicare il proprio messaggio al maggior numero possibile di persone attraverso i suoi Truisms, "verità ovvie".

Tra il 1977 e il 1979 tappezzerà il quartiere di SOHO di quei lavori su fogli a quadretti, con frasi semplici a volte aggressive, spesso pervase da una profonda morale, con frasi estremamente puritane, lontane anni luce da quelle che potrebbero essere scritte da Al Diaz e da Basquiat, ma che suonano anch'esse come massime perchè esprimono un modo di vedere, di considerare la società, l'arte, la vita.

Questo però comporta che SAMO viene considerato un graffitista e Jenny Holzer un'artista concettuale. Lo stesso Keith Haring come JMB giudicano e criticano l'arte concettuale come un approccio che allontana il pubblico dall'arte, ma la Holzer dissemina le sue frasi per strada come fanno proprio loro, definendosi anche lei un artista anonima quando poi decide di esporre il proprio nome al PS1  nel 1978 e, l'anno dopo, al Centro internazionale di Brera a Milano. 

Un'epoca molto contaddittoria come JMB nelle sue prese di posizione, nelle sue scelte, nei suoi sogni non sapendo proprio cosa vuole, ma vuole ardentemente puntare sempre più in alto, che, sia la musica suonando nei club, che la vita da dandy senza fissa dimora, fino a realizzare dei collage o delle cartoline da vendere a cifre irrisorie, ma da mostrare a Warhol, fino a disseminare i muri di frasi che pero si discostano molto dai graffiti di NY dell'epoca, e delle quali si parla anzi con delle poesie.  

All'unisono l'artista JMB convivono in perfetta armonia, la poesia di quando balla, la poesia di quando sfrega la lima sulla chitarra oppure al posto dei suoni, produce i silenzi, oppure quando ricopre di disegni gli appartamenti degli amici. Poesia è quando parla o quando scrive.

Nel 1985, in un'intervista con Andy Warhol, Benjamin H.D. Buchloh, male informato sulla questione, dopo avergli chiesto se la sua serie OXIDATIONS (o PISS PAINTINGS) e il dittico ROSARCH siano un contributo ai graffiti, lancia un'affermazione quantomeno bizzarra, con il suo tipico perentorio:

"Fra quelli davvero conosciuti, Basquiat è più o meno l'unico a essere stato graffitista."

"No, no. Non è mai stato un graffitista."

"Nemmeno quando lavorava dietro lo pseudomino SAMO?"

"No, non era un graffitista. In realtà vendeva oggetti, cose così."

"Ah. Ho sentito dire che faceva...."

"Non è mai stato davvero graffitista. No, lui scriveva..."

"Era uno scrittore?"

"In realtà era un poeta. Sì, prima era un poeta, ecco cos'era....poi a qualcuno è piaciuto il suo lavoro e gli ha proposto di fare una mostra e via dicendo. Allora si è accorto che poteva dipingere".

Nel catalogo della Fondation Dina Vierny, Alain Jouffroy scrive che JMB è un profondo conoscitore della poesia moderna, in definitiva, un pittore-poeta che componeva i suoi quadri e i suoi disegni come canti, inni o strofe di un gigantesco poema frammentario, sgorgato direttamente fuori dai nervi e dagli organi.

In essi si può sentire la sua voce, il suo respiro, come se dipingendo o disegnando pensasse ad alta voce, allo stesso modo di certi jazzisti o di Jimi Hendrix. Ogni volta, tutto il suo essere è impegnato in una lotta corpo a corpo con le parole, oltre che con la pittura. Come i poeti della Beat Generation che tanto amava, Allen Ginsberg, Gregory Corso e William Burroughs, con il quale si è fatto fotografare. Più vicino ai poeti, in questo, che ai pittori. E' stato l'unico artista negli Stati Uniti a incarnare, senza dirlo, l'esempio più tenace.

Inutile ripeterlo e dunque una ragione in più per farlo: non esiste grande pittura senza poesia.

L'aver visto dipingere B. o ad osservarlo ancora oggi nei docu-film dell'epoca, scaturisce tutto nello stesso istante: schizzi, tratti, campiture, immagini, parole, cancellature. Scrive dopo, senza regole, a sbalzi, a raffiche.

Fab 5 Freddy, che lo ha visto dipingere, lo descrive così:

A vederlo tenere la matita in mano, si sarebbe potuto prenderlo anche per un minorato. Non la teneva come ci si sarebbe aspettati, la cingeva con l'anulare, faceva impressione a vederlo. Quando disegnava era proprio come se la matita gli sfuggisse di mano. Lui la lasciava fare, poi la impugnava, disegnava e la lasciavad i nuovo libera di muoversi. Quella danza che faceva con la matita era semplicemente incredibile. Possiamo ritrovare nelle sue tele la ripetizione, il ritmo...si può sentire JMB pensare, e considerare che è stato il primo graffitista a rivestire di poesia i muri di NY.

Ma quello che è sorprendente sei mesi prima di morire JMB confida a J.Schlomoff di voler abbandonare la pittura per diventare uno scrittore chiedendogli di fotografarlo con il libro di Jack Kerouac "I sottorrenaei" sotto il braccio. Quello che deve essere lo stile, immediato e sincopato del "jazz poet" fondato sulla velocità con cui i tasti battono sulla macchina da scrivere in cui non deve esistere nessuna pausa per pensare, le parole sono messe in sieme come balbettii alogici.

Ciò che apprezza JMB da uno scrittore come Burroughs cui lui ne è legato molto, come eroe nel mondo culturale, autore di Pasto Nudo elevato al tempo stesso a rockstar e a emblema della cultura underground. La sua tecnica di scrittura inventata da Brion Gysin ma ereditata dai dadaisti e da Tristan Tzara, il quale negli anni venti, al Cabaret Voltaire, aveva proposto di comporre una poesia su due piedi estraendo le parole da un cappello, rimontando e strutturando secondo un'altra sequenza, creando una tecnica che darà origine a tutte le varianti possibile ed immaginabili, fra cui anche quella che si serve del registratore proprio Burroughs.

E' lo slancio che JMB apprezza di più negli scritti di Burroughs, la libertà di lasciar uscire le parole, la libertà del'hip-hop che pesca dove può, la libertà del rap, la liberta degli artisti dada o neodada che incollano e riciclano oggetti usati o le felpe che vende per strada  e poi comincia a dipingere da patricia Field, proprietaria di un negozio di vestiti alla moda sulla8 Avenue, al punto che sarà proprio lei ad organizzare la sua prima mostra.

Basquiat è sempre in cerca di se stesso ma all'improvviso cambia rotta, mettendo brutalmente fine ai graffiti, siamo nel 1978 e attraverso un articolo dedicato proprio ai graffiti del misterioso SAMO, che ha destato un notevole interesse a NY, JMB e Al Diaz hanno raccontato tutto al settimanale in cambio di pochi dollari.

Nel luglio del 1979, JMB e Al Diaz interrompono la loro collaborazione e sui muri di SOHO compare la scritta: SAMO IS DEAD.

Possiamo definirla più che altro una vera trasfigurazione, di certo, però,  quando la gente scoprirà chi è - un pittore nero di appena didiott'anni-, Basquiat diventerà ancora più famoso.

Riuscirà ad insinuarsi con grande facilità nel mondo delle gallerie newyorchesi, forse al suo charme, al suo saperci fare, alla sua vitalità, al suo carisma e anche al suo talento, ovviamente, ma non possiamo dimenticare l'impatto di tutto ciò che abbiamo nell'impattare con i critici ed anche con stessi artisti. La sua arte si avvicina all'universo punk, alla sua apparente brutalità, alla sua spontaneità rivendicativa, essendo JMB espressionista nel suo modo di essere e di fare arte, violento, primitivo, collerico, ma soprattutto nero.

Si trasforma la realtà e la si piega a modo proprio, senza mentire davvero, ma evitando di menzionare certi fatti e ingrandendone altri, inter prentando tutto in base al merito proprio e di coloro cui deve qualcosa.

Tralasciando i lavori precedenti di SAMO, Flood e Schjeldahal vanno a tessere le lodi delle opere firmate JMB, che insieme a quelle di Mapplethorpe costituiscono a detta loro il vero "cuore" di quello che vuole esprimere.

Citare Dubuffet e la sua idea di "ART BRUT", i due critici parleranno del giovane artista come di un "Dubuffet della strada", gettando così un primo importante ponte fra Basquiat e la storia dell'arte. 

Le opere che lui ha creato ci portano ad aosservare delle opere in cui JMB installa un suggestivo "collage" di opere che si alternano disegne e dipinti di automobili, aeroplani, teste e sagome umane inframmezzati da cifre, lettere, parole barrate e chiazze di pittura selvagge ed eleganti. Dalle foto delle diverse installazioni che lui fece possiamo vedere ciò che lui utilizzò come forma di comunicazione visiva ma anche come interazione fra loro: un mélange colorate, pastello e inchiostro in cui figurano parole in inglese e in spagnolo, lettere ripetute che rafforzano la superficie piana della pittura ritmando lo spazio. La sensibilità e l'energia che si sprigiona da i suoi lavori, la loro regalità, visionaria, la sciltezza e la maestria del tratto, i visitatori restano altrattanto colpiti dalla natura immediata delle sue opere, pari alla velocità sincopata dell'hip-hop e del fumetto, oltre che dal suo passato che parte dai graffiti, come dall'influenza di Twombly

Cadillac Moon, 1981

Per la sua semplicità, risulta impressionante e per la maturità artistica, la carica inventiva, la libertà e l'autorevolezza di cui da prova, il dipinto partecipa della stessa rottura, del notevole sviluppo che segna l'opera di Basquiat in quel periodo, che finisce per attirare su di lui l'attenzione di tutti. Nel dipinto vengono rappresentate due automobili una sopra l'altra, con un tratto decisamente infantile, in cui quella di sinistra e tracciata con una serie di pennellate grigio scure, sembra staccarsi da terra sotto una luna coperta di qualche tocco sbrigativo di grigio e di bianco che simboleggiano la notte, per poi immergersi in un sole bistro avvolto da un alone bianco. Sotto si staglia un taxi giallo, ovvero la carrozzeria di un taxi giallo tenuta in sospensione da due catene e separata dal telaio in vista di una probabile riparazione. Come possiamo osservare JMB ha tracciato due riquadri, a destra dei quali vediamo che si impilano dei documenti di identità abbozzati che ricordano quelli dei tassisti di NY, anche molti hanno visto degli schermi televisivi riempiti di un volto informe, su questa difficoltà interpretativa spesso nelle opere di JMB avviene.  La tela è solcata da tratti, graffi, pennellate, tracce di pittura marrone, campiture bianche e perfino solchi di dita che animano e fanno vibrare i riquadri. Sparse come possiamo osservare le "A" che su susseguono, oscillano e si allineano a simboleggiare Aaron, il giocatore di baseball afroamericano idolatro da JMB e dal padre. Sotto uno dei ritratti abbozzati nei documenti di identità, le parole prendono il volo in auna sorta di ebbrezza acrobatica, infatti possiamo scorgere ls psrola ARRON, in cui la "r" di troppo è rimpiazzata da una "A" che si intrufola dal di sotto. Oltre a un altro AARON scritto in grafia chiara ed esatta, notiamo soprattutto un SAMO barrato con tratto deciso a sinistra e, a destra, la firma JEAN-MICHEL BASQUIAT a lettere maiuscole - la "E" tracciata, come sempre, con tre trattini orizzontali - seguita dalla data:1981.

Fab 5 Freddy (Fred Brathwaite) a proposito della sua pittura gli faceva ricordare altri pittori come Cy Twombly, di cui aveva visto alcune opere, ma che all'epoca non riusciva a capire del tutto. Amava Picasso, aveva visto Dubuffet e gli piaceva anche Rauschenberg, ma nel lavoro di JMB c'era qualcosa che gli permetteva di vedere più a fondo, fu l'inizio di una forte amicizia traloro.

Come tanti artisti sia Fred Brathwaite che Jean ammiravano Warhol, e si guardava insieme molto arte: dagli astratti come Pollock, de Kooning e Rothko a maestri del passato come Caravaggio. JMB era molto preparato e in giro con quella conoscenza non ce n'erano molti come lui, giovani, neri di Brooklyn e decisi a cambiare le carte in tavola. JMB era, per certi aspetti, un artista pop ed il suo lavoro rappresentava spesso temi, parole, immagini tipiche della cultura popolare. Raccontava Fab 5 Freddy : "Avevamo l'abitudine di andare al museo, quasi sempre di mercoledì. Lo chimavamo il nostro "Museum Day". Andavamo al Metropolitan Museum e ci comportavamo come degli studenti dell'accademia. Tiravamo fuori i nostri album, camminavamo avanti e indietro e facevamo schizzi di tutto quello che ci sembrava "cool". Molte di quelle suggestioni, più tardi, sarebbero finite nel suo lavoro".

Quando dipinge JMB sistema attorno a sè qualche tela, posandone alcune contro il muro, altre a terra, senza telaio. Con la  musica al massimo, forse  per abbruttirsi o stordirsi, più che per trovare una fonte di ispirazione, per esempio ascoltando il Bolero di Ravel in maniera ossessiva, con la televisione perennemente accesa che lo bombarda di immagini, creando nell'artista continui stimoliattorno a lui, dentro la sua testa. Del resto ognuno ha il suo metodo, o il suo non metodo, per creare. Nietzche parlava spesso della sua alimentazione, di ciò che doveva o non doveva mangiare per poter mettere in fila qualche pensiero, qualche frase tra un mal di testa e l'altro.

La sua creatività lo portava ad essere capace di dipingere per due o tre giorni di fila senza fermarsi, con la TV sempre accesa, ascoltando ogni genere di musica, racconta Nick taylor membro dei Gray.

La velocità con cui dipingeva era incredibile, eseguendo più quadri alla volta, come racconta John Lurie, fondatore della leggendaria band Lounge Lizards e diventato artista nel 2005 dopo aver contratto la malattia di Lyme. "Andai a trovarlo nel suo studio, disseminato di grandi tele a cui stava lavorando. Quattro ore più tardi, quando tornai, aveva finito tutto".

Una particolarità delle opere di JMB, racconta sempre Lurie, lasciava sulle sue tele stese a terra l'impronta di scarpa, finendo di inserirle nel dipinto, un gesto che non diceva molto in sè, ma faceva capire in che modo procedeva l'artista, come sorgeva l'opera.Ciò che proviamo davanti alle tele dell'artista, con il rumore nella creazione ed il furore descritta in un  caos di immagini e associaziioni di lettere, che sono al quanto difficili da decifrare anche dalle persone più vicine a lui, in un continuo rimescolarsi di corpi, simboli, stereotipi, aggressioni, violenze, esitazioni, eccitazioni febbrili. Quasi che siano stati dipinti nel giro di pochi istanti, in preda ad una frenesia.

Nella continua ricerca di se stesso, JMB assorrbe tutto ciò che legge, che vede, che vive, per poi rigurgitarlo, stritolarlo, farne esperienza, testarlo da ogni punto di vista, lasciando esterefatti tutti quanti.

Basquiat’s Defacement (The Death of Michael Stewart), 1983

Nel settembre 1983 dobbiamo menzionare un fatto di cronaca dal quale JMB resterà profondamente segnato: si tratta della morte di Micheal Stewart, graffitista nero di origini borghesi come lui, che portava i drealock come lui, arrestato da polizziotti bianchi come poteva succedere a lui.

Fu pestato a sangue la notte del 15 settembre mentre disegnava graffitti in metropolitana. Quella notte JMB la passerà in bianco, a disegnare crani neri. Stewart morirà dopo un lungo coma di tredici giorni più tardi, il 28 settembre 1983, all'età di venticinque anni.

Basquiat  la  ricchezza, la celebrità e l'andare a letto con tutte le ragazze che vuole, esporre al Whitney e prepararsi a successi ancor più grandi, nulla lo può destare dal essere sconvolto per quello che è successo. Il colore della sua pelle continua a perseguitarlo, compreso quella rabbia che non si è mai lasciato alle spalle, e anche ora la morte.

La tela per lui diventa in modo per esorcizzare o rielaborare la tragedia, riversando tutta la rabbia  e la sua inquetitudine, attraverso decise campiture di blu, di rosso e di nero attorno a un centro bianco nel quale emerge una forma al centro del quadro che non somiglia a niente, solo una silhouette nera chiamata a raffigurare il giovane Micheal, bersaglio ed emblema del razzismo di tutti, in particolari dei polizziotti che lo hanno ucciso, che vengono raffigurati come delle grottesche marionette che si accaniscono contro un ombra. L'opera che rappresenta JMB trasuda terrore al punto che sembra una trasfigurazione che vive l'artista, ovvero tutti i neri sono Micheal Stewart.